Rebranding: da Facebook a Rolls-Royce, gli ultimi casi più interessanti

Non solo per il cambiamento del mercato e dell’azienda, a volte diventa indispensabile un rebranding del marchio o in generale un aggiornamento totale del design di un brand, di una piattaforma o di un’applicazione per darsi una rinfrescata e differenziarsi dai propri competitors.

Ad agosto Facebook ha rinnovato la sua originaria interfaccia desktop, proprio come l’iconica birra Holsten che ha lanciato un nuovo packaging autentico e Rolls-Royce, pur restando fedele ai suoi storici valori.

Scopriamo i casi più interessanti del mese che ci siamo lasciati alle spalle da poco, ma prima vediamo insieme cos’è il rebranding.

Rebranding: alcuni esempi noti per spiegare cos’è

Se fare branding significa in poche parole consolidare un marchio nel mercato e legare i consumatori a un’idea, a un’emozione o a un’esperienza, il rebranding può essere definito come una strategia di marketing che ha come fine il riposizionamento di un brand già noto attraverso la costruzione di una nuova identità che rispecchia una rinomata immagine aziendale.

Quasi tutte le grandi aziende hanno praticato questa operazione almeno una volta nel corso della loro storia. Basti pensare alla FIAT e alla continua evoluzione dei suoi famosissimi loghi che hanno rispecchiato il cambiamento della nostra società in epoche diverse, oppure ad Apple e a Google che, anno dopo anno, ha modificato il suo logo così impercettibilmente da passare inosservato. C’è chi comunque, come la casa automobilistica Datsun, ha cambiato oltre allo stile del proprio logo anche addirittura il nome. Non a caso oggi le sue auto sono firmate Nissan. Questo però non è l’unico caso. Uno dei più grandi marketplace online al mondo, oggi conosciutissimo come AirBnB, prima era AirBed And Breakfast.

Come appena constatato, il rebranding riguarda le più disparate realtà aziendali ed è un processo diffusissimo, nonché continuo. Ce ne hanno dato prova proprio ultimamente Mark Zuckerberg con il suo social Facebook, la birra tedesca Holsten e l’azienda di automobili di lusso Rolls-Royce.

Rebranding: il caso Facebook

Come abbiamo potuto vedere con i nostri stessi occhi, Facebook ha riprogettato completamente la sua versione desktop (concepita come estensione dell’interfaccia mobile) che vanta di una user experience semplificata con tempi di caricamento più veloci che mai, oltre ad una modalità dark monocromatica meno luminosa per non affaticare la vista. Ora il look è decisamente più pulito, con testi più grandi e contenuti multimediali da visualizzare a tutto schermo, oltre alla gestione di pagine, gruppi ed eventi da gestire con più facilità.

Rebranding: il caso Holsten

La birra artigianale Made in Germany ha lanciato una nuova visual identity per adattare il suo marchio al mercato contemporaneo ma soprattutto perché è stata accusata di essere prodotta in serie, visto l’aumento vertiginoso delle sue vendite.

Con l’obiettivo di riaffermare l’autenticità del marchio ricollegandolo ad Amburgo e alle sue radici, il nuovo design riproduce l’etica del lavoro mercantile tipico di questa affascinante città portuale attraverso un packaging totalmente rivisitato che presenta l’icona di un cavaliere, storico simbolo di quel tempo. Inoltre, è stato aggiunto il colore verde acqua leggero e rinfrescante per richiamare all’ossidazione della statua del cavaliere che giace in cima alla torre del birrificio Holsten ed un nuovo logo realizzato a mano ispirato alla tipografia e alle etichette presenti negli archivi dell’azienda.

Rebranding: il caso Rolls-Royce

Rolls-Royce ha presentato la sua nuova identità visiva con l’obiettivo di restare fedele ai propri valori seppur conferendo al proprio marchio una veste grafica più contemporanea perché, secondo quanto affermato dall’azienda inglese di automobili di lusso, il suo pubblico diventa giorno dopo giorno sempre più giovane. Da qui l’esigenza di rivisitare l’emblematica statua in chiave digital, il logo e la palette di colori.

Mentre il logo aggiornato presenta una base posta ai piedi della statua, la cui silhouette è stata volutamente rivisitata in seguito ai recenti dibattiti sul corpo delle donne e la loro strumentalizzazione, i caratteri dei nomi delle auto pubblicizzate sono distanziati per enfatizzare l’importanza dei vari modelli proposti. Nonostante ciò, è stata la direzione del wordmark a sancire il cambiamento definitivo. Ribaltato orizzontalmente, il logo comunica che, nonostante sia un marchio storico, è rivolto al futuro.

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Come (non) comunicare sui social durante l’emergenza Coronavirus

Di punto in bianco molte agenzie si sono ritrovate a dover apportare modifiche al proprio piano editoriale sui social media e a quello dei loro clienti – se non a cambiarlo del tutto – per fronteggiare al meglio l’emergenza Coronavirus e adattarsi al tragico periodo che stiamo vivendo, senza risultare fuori luogo con il lancio di campagne del tutto inappropriate.

Preso atto del cambiamento delle abitudini degli utenti ai tempi del Covid-19, ecco qualche semplice consiglio da seguire per continuare a promuovere campagne pubblicitarie su Facebook e su altri canali con successo e mantenere alta la brand reputation in questo momento particolare, evitando così scivoloni che possono costare caro.

Quindi, nel pratico cosa non bisogna fare assolutamente:

  • Usare un linguaggio pesante scegliendone uno ironico

Rimodulare il tone of voice è un ottimo inizio per mostrare empatia e diffondere messaggi positivi di solidarietà, speranza e vicinanza (anche se solo virtuale). Tutti noi abbiamo bisogno di rassicurazioni e contenuti che ci facciano sorridere, soprattutto se veicolati con un linguaggio coerente. Perciò evitare toni ironici o, al contrario, assai solenni è meglio. Perché un linguaggio piuttosto grave potrebbe spaventare oppure, peggio ancora, dare l’impressione di lucrare sull’incertezza e il senso di smarrimento delle persone. Ed è inutile dirlo, ma non è onesto farlo.

  • Scegliere le immagini errate

Cercare le immagini per produrre un contenuto vincente, fare una selezione di quelle che piacciono di più e infine scegliere quella che più si reputa giusta sembra piuttosto facile, ma non lo è per niente. Soprattutto oggi una semplice fotografia potrebbe divulgare un messaggio contrario alla normativa emanata dal governo in merito al Covid-19, anche se l’intento non era quello di violare quanto stabilito ai vertici. Dunque, tutte le immagini che ritraggono momenti di socialità e aggregazione sono da escludere perché potrebbero suscitare inevitabilmente reazioni negative da parte di un’audience parecchio sensibile.

  • Lasciare in programma i contenuti realizzati prima dell’emergenza sanitaria

Di solito in un piano editoriale, oltre ai classici contenuti realizzati settimana per settimana, sono pianificati anche post programmati per essere pubblicati più in là: basta pensare agli anniversari o semplicemente alle giornate mondiali che ricorrono una volta l’anno. Controllare questi contenuti realizzati prima della crisi sanitaria è utile per valutare se è il caso di cambiare la strategia di comunicazione adottata precedentemente ed evitare di conseguenza feedback tutt’altro che positivi dagli utenti.

Ovviamente è da tenere conto che, anche se è difficile pensare ad altro se non a questa orribile epidemia, la comunicazione sui social non deve necessariamente puntare solo e soltanto su questo argomento. Certamente l’instant marketing è molto apprezzato per la sua vena ironica in tempo reale, però – come già detto in precedenza – le abitudini delle persone sono cambiate: ora si stanno sperimentando nuove ricette in cucina, si sta trascorrendo più tempo in famiglia. Perciò pianificare nel dettaglio una nuova strategia di comunicazione con un piano editoriale in linea con i tempi può rivelarsi un’alternativa valida. E gli spunti in giro si trovano eccome.

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Quanto è importante il numero di like per un brand?

Crediamo che il numero di like sui social media sia talmente importante da influenzare la credibilità e la notorietà del nostro brand, oltre l’engagement. E pensiamo che il target di riferimento della nostra marca faccia fatica a nutrire fiducia nei prodotti o servizi offerti, se non abbiamo 10K di follower su Instagram. Ma soprattutto riteniamo che la visibilità online su Facebook sia maggiore ed efficace soltanto in questi casi, tanto da acquistare nuovi mi piace in maniera compulsiva grazie ai bot e ai software che abbiamo a disposizione.

Sentiamo di essere riconosciuti da una comunità solo tramite il consenso che riceviamo online sulle nostre pagine aziendali e non. Per questo nella nostra mente scatta questo ragionamento: 10.000 like = ottima qualità del prodotto/servizio.

Basta assecondare l’ego e la sua incolmabile continua necessità di sentirsi apprezzato da qualcuno. In fondo, il meccanismo su cui si basano gran parte delle dinamiche dei social media è proprio quello di soddisfare questi bisogni umani.

Basta contare il numero dei like sotto ogni post e i seguaci che abbiamo su Twitter. Il prestigio di una marca non si misurerà mai con queste metriche, perché il suo valore cresce e si fonda su sensazioni, feeling, passioni. Non sui numeri.

Più che il numero di like da raggiungere è fondamentale imparare a conoscere le reali interazioni sulle pagine per monitorare le azioni e l’orientamento verso il nostro target, senza sparare a vuoto. È questo l’unico modo per ottenere successo.